IL POLITICAMENTE CORRETTO È DIVENTATO UNA GABBIA

Il politicamente corretto, nato per includere, oggi secondo l’autore è diventato un linguaggio rigido che crea nuove esclusioni. Termini woke, schwa e pronomi alternativi risultano spesso artificiali e poco applicabili. Chi critica viene visto come ideologico, alimentando autocensura. Così, invece di unire, questo sistema rischia di dividere e impoverire la lingua.

Articolo di Michele M. Ragnini

Dal linguaggio woke alla perdita di spontaneità: un’analisi delle nuove rigidità culturali.

Il politicamente corretto: un linguaggio che intrappola

Il linguaggio del politicamente corretto, nella sua attuale declinazione woke, sembra essersi trasformato da strumento di rispetto in un apparato di controllo. Ciò che nasceva per promuovere sensibilità e inclusione oggi appare come un codice rigido, esaltato dalla “forma giusta” più che dal significato.

La parola non serve più a comunicare, ma a dimostrare conformità. Ne deriva un linguaggio artificioso e poco accessibile, che finisce per escludere invece di unire.

Un codice di appartenenza che crea nuove esclusioni

Il lessico woke diventa così un segno di appartenenza: distingue chi ne padroneggia le regole da chi ne resta fuori, creando nuove disuguaglianze sotto la veste dell’inclusività.

Esempi recenti lo mostrano chiaramente: dal femminile sovraesteso nei regolamenti universitari, all’uso dello schwa nella pubblicità e avviato persino da alcuni editori contemporanei.

Così anche asterischi, desinenze e pronomi adoperati a dir poco liberamente, finiscono per frenare l’applicabilità di tali concetti nel quotidiano impedendo un riconoscimento ampio e spontaneo.

La delegittimazione del dissenso e il clima di autocensura

Ancora più preoccupante è la tendenza a delegittimare il dissenso: ogni critica viene letta come resistenza ideologica. Si alimenta così un clima di autocensura e di sospetto, dove il linguaggio perde spontaneità e libertà, ridotto a strumento di pressione morale.

Quando l’inclusività si trasforma in una barriera culturale

Invece di creare ponti, il politicamente corretto di matrice woke finisce per erigere barriere culturali. La sua rigidità normativa impoverisce la lingua, la frammenta e ne snatura la funzione più semplice e preziosa: mettere in relazione gli individui.

Una contraddizione che rischia di diventare permanente

Senza una riflessione profonda, questo linguaggio rischia di cristallizzarsi nella propria contraddizione, trasformandosi da promessa di equità in uno dei fenomeni più divisivi del nostro tempo

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